XX, 38 (luglio-dicembre 1999) - Giacomo Leopardi tra negazione e rapporto con l'infinito, Centro Culturale di Milano. Atti del Convegno Nazionale (Milano, 12 novembre 1998), a cura di Elena LANDONI

619) ELENA LANDONI, Introduzione al Convegno, pp. 5-9.

620) ENZO NOE' GIRARDI, La componente biblica nei "Canti" e nelle "Operette morali" , pp. 11-19.
In opposizione al formalismo e al contenutismo che hanno caratterizzato la critica leopardiana rispettivamente nel primo e nel secondo Novecento, l'autore individua l'unità dell'opera poetica del Recanatese in una "religione poetica" che investe forme e contenuti, facendo dei Canti e delle Operette quasi una Bibbia laica, una specie, rispettivamente, di Nuovo ed Antico Testamento.

621) GIORGIO CAVALLINI, Su alcuni modi, aspetti ed esiti della tensione dialettica leopardiana, pp. 21-36.
Attraverso una serie di esempi, tratti in genere dai Canti, (l'alternanza tra l'"io" e il "tu", l'uso dell'avversativa "ma", la correlazione di "forse" e "certo", ecc.) si mette in evidenza come la tensione dialettica leopardiana, fra elementi concettuali o sentimentali opposti oppure complementari, si manifesti in vari aspetti e modi con esiti poetici molto espressivi.

622) LUIGI BLASUCCI, L'amore, l'infinito. Lettura del "Pensiero dominante", pp. 37-47.
Il pensiero dominante è il primo dei canti 'fiorentini'. Oggetto di celebrazione è il "pensiero" amoroso come forza interiormente vivificante, capace di ricreare nell'animo dell'amante le condizioni stesse dell'infinito, l'illusione matrice di tutta la poesia leopardiana. In quanto tale, il "pensiero" contrasta validamente la forza negativa del "vero". La lirica è insieme un inno all'amore e una riflessione sulla natura dell'amore, riecheggiando in questo senso i modi e le movenze dell'antica poesia cortese.

623) ELIO GIOANOLA, Infinito e ricordanza: "Alla luna", pp. 49-58.
Alla Luna è un testo gemello a L'infinito, non solo per ragioni cronologiche e metriche, ma di tema, essendo la "ricordanza" la veste figurale dell'infinito, dal momento che non rimanda a precisi ricordi, ma al non-tempo della "immagine antica".

624) SERGIO CRISTALDI, Splendore e fragilità del segno: "Sopra il ritratto di una bella donna, pp. 59-103.
La discordanza fra la bellezza e la sua labilità diviene in Sopra il ritratto di una bella donna discordanza fra la nobiltà e la debolezza della natura umana, che sollecitata da ciò che è bello concepisce sentimenti e pensieri sublimi, ma al dileguarsi dello spunto suggestivo ed effimero li smarrisce repentinamente. Questo squilibrio interiore viene assunto in tutta la sua tensione, come problema che il poeta lascia drammaticamente aperto.

625) ELENA LANDONI, Il realismo nella ricerca della verità: annotazioni di metodo nel "Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco, pp. 105-18.
L'autrice ridimensiona la definizione di un Leopardi nichilista, prevalente in questi ultimi anni, in base a tre linee di approccio convergenti: la maggior rappresentatività del reale riconosciuta alla poesia rispetto alla prosa nello Zibaldone; la tensione ad una dimensione trascendente soprattutto negli ultimi canti; la percezione di una maggior correttezza del metodo di osservazione della realtà attuato dal filosofo antico, interessato alla fase costruttiva del mondo, rispetto al moderno, interessato alla fase distruttiva, nel Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco.

626) ITALO VACCARINI, L'antitesi tra coscienza lirica e coscienza tragica negli opposti atteggiamenti esistenziali di Leopardi e di Pascal, pp. 119-36.
Leopardi e Pascal, che appartengono entrambi al novero dei pensatori esistenziali, divergono profondamente nel modo di interpretare la condizione umana: mentre Pascal la interpreta secondo il modulo della coscienza tragica, Leopardi la interpreta secondo il modulo della coscienza lirica. Tratto distintivo del pensiero del Recanatese è la tensione tra la teoria eudemonistica, che gravita sull'elemento del benessere psichico, e la propensione all'idealizzazione, che gravita sull'elemento della significatività esistenziale.

627) BORTOLO MARTINELLI, Leopardi e Leibniz, pp. 137-206.
Nell'incontro-scontro con l'opera di Leibniz, che il poeta non ha mai letto, il pensiero leopardiano esce del tutto ridimensionato, in quanto non riesce a fondare l'asserto "Tutto è male", da tutti citato, ma non mai sottoposto all'analisi.