XI, 19 (gennaio-giugno 1990)- Poesia e filosofia nella letteratura italiana dal Tasso ai contemporanei . Atti del Convegno (Brescia, 28-31 ottobre 1989). Vol. I
ARTICOLI:
294) ENZO NOÈ GIRARDI, Poesia e filosofia nella storia della
letteratura italiana, pp. 3-10.
Secondo l’A., la relazione tra filosofia e letteratura si configura come un rapporto tra due usi del
linguaggio verbale, uno "transitivo", in cui la lingua è strumento del pensiero,
ed uno "intransitivo" o poietico, che fa della scrittura la condizione di produzione del
bello. Alla luce di questo presupposto, nella storia letteraria italiana si possono ipotizzare tre
modalità di relazione tra poesia e filosofia: nel momento aurorale della letteratura, si
pensi a Dante, il poeta è un volgarizzatore, un libero traduttore in una lingua nuova del
sapere teologico, filosofico e scientifico; nel Rinascimento, è il caso del Furioso,
la poesia collabora in modo paritetico con la filosofia, in uno scambio reciproco di strumenti e di
funzioni; nel periodo moderno, invece, si crea una situazione conflittuale, in cui la poesia, ormai
specializzata, si fa fondazione e proposta di una realtà non più attingibile in
termini riflessivi.
295) MARIA TERESA GIRARDI, Il sapere e le lettere dal Tomitano al Tasso,
pp. 11-20.
Incamminatosi sulla strada aperta dal Tomitano e dalla sua cerchia culturale padovana, diretta alla
nobilitazione della poesia attraverso il legame più stretto possibile con la filosofia, il
Tasso conduce più avanti il suo percorso giungendo ad una consapevolezza ben più
originale e moderna della poesia come conoscenza diversa delle cose e di ciò che esse
suggeriscono e all’intuizione della peculiarità che separa da quello filosofico e scientifico
il suo linguaggio, cui spetta non spiegare la realtà, ma farla nuova.
296) CLAUDIO SCARPATI, Vero e falso nella riflessione del Tasso, pp. 21-28.
Il saggio ripercorre le opere teoriche tassiane seguendo la riflessione sul rapporto tra vero e falso in poesia: alla possibilità per la poesia di attingere il vero è legato il ruolo che essa può ricoprire nel sistema epistemologico. Al termine di un lungo e coerente percorso, Tasso sottrae la poesia al ristretto dominio della sofistica, legittimando il ricorrere di essa sia al finto sia al falso con l'intervento del metodo allegorico, che gli consente di applicare anche ad un'opera volgare gli strumenti ermeneutici consueti per il latino e di trattenere la poesia a stretto contatto con la verità, facendola rientrare a pieno diritto nel sapere sistematico.
297) GIORGIO BÀRBERI SQUAROTTI, Pensiero e poesia di Giordano Bruno,
pp. 29-69.
Il rapporto tra filosofia e letteratura si presenta, all'inizio e alla fine della carriera di Bruno,
nei termini di una versificazione del pensiero, rispondente al bisogno filosofico di espressione
della verità e della passione che ne sorregge la ricerca. Ma la letteratura costituisce per
il pensatore anche uno spazio autonomo, luogo di specifiche prese di posizione poetica,
nonché di rappresentazione del caos, satira di un'umanità deviata e saccente.
Concepita in tal senso come potenziamento del discorso filosofico, la poesia si invilisce nella
lode amorosa, pervenendo nel Petrarca e negli imitatori al culmine dell'uso falso del linguaggio.
298) ADA RUSCHIONI, La poesia filosofica di Tommaso Campanella, pp. 70-91.
Le Poesie filosofiche del Campanella vengono definite dal critico, anche sulla scorta della
classificazione proposta dall’autore stesso nelle sue Poetiche, latina e volgare, una sorta
di "poema filosofico". Tale poema nasce dalla "vocazione profetale" del
pensatore, che si incarna nel suo stesso operare poietico come istanza di redenzione del mondo, a
partire da un "interno lume" di verità, identificato, negli anni della
maturità, con il "Logos giovanneo della Sapienza". L’energia patetico-drammatica del
linguaggio, inscindibile dalla poetica del vero, costituisce l’altro tratto caratterizzante del
dettato compositivo campanelliano, che si distingue per l’essenzialità delle immagini oltre
che per l’innovazione versificatoria, a testimoniare l’appassionata adesione personale del poeta
alla propria visione metafisico-religiosa, risolta in figure sensibili.
299) FRANCESCO PISELLI, Filosofia e poesia nel pensiero estetico italiano
(secc. XVII-XVIII), pp. 92-100.
Fra XVII e XVIII secolo ferve una sistematica incerta e contrastata, ma non indefinibile, che
assiduamente applica ambizioni, metodi, princìpi generalizzanti allo stato corrente o
ritenuto tale delle istituzioni che oggi diremmo artistiche, e prevalentemente a quelle retoriche e
poetiche. Questa sorta di "protoestetica", e cronologicamente e per molti contenuti,
è pronta a confluire verso la più stretta e risoluta sistematica di Alexander Gottlieb
Baumgarten, quando poi "estetica" prende nome e ampio contenuto grazie alla presa
esercitata sull’asse tradizionale retorico-poetica da una metafisica molto forte.
300) ARNALDO DI BENEDETTO, Un mito alfieriano: Caino, pp.
101-114.
Nella prima parte il saggio si preoccupa di recuperare lo sfondo europeo ed alfieriano della
tramelogedia Abele, diminuendone così l'isolamento. Successivamente, si dimostra come
la fatalità, presente anche in quest'opera e derivante dal fatalismo del XVIII secolo, che
è dottrina ottimista o almeno non pessimista, sia, per forza di poesia, colta dall'Alfieri
nei suoi riflessi etici e personali: pur non confutandola, egli fa emergere un'altra fatalità
, anch'essa naturale (come volevano D'Holbach o Diderot) ma distruttiva.
301) ROSARIO ASSUNTO, Sulla filosofia come sapere dell’Assoluto e sulla
poesia come sapere assoluto, pp. 115-33.
L’A. si propone di mostrare la modalità con cui l’idea di poesia e quella di filosofia
entrano in rapporto dialettico nel pensiero riflessivo di alcuni romantici inglesi ed in quello dei
romantici tedeschi loro contemporanei. In particolare, per Friedrich Schlegel e per Novalis la
poesia rappresenta il più alto grado della filosofia, cioè la contiene in sé,
in quanto "poesia universale progressiva" o "poesia trascendentale" (Poesie
), che viene a coincidere con la totalità del reale, anche se, come arte della parola
(Dichtung), come poesia reale, si identifica con un genere prosaico come il romanzo.
Analogamente, per i romantici inglesi quali Wordsworth e Coleridge, la specificità per cui
la poesia si rivela più filosofica della prosa è la sua capacità di conciliare
opposte e discordanti qualità: il generale con il concreto, l’Idea con l’immagine,
l’individuale con il rappresentativo, ecc., una capacità che separa la composizione poetica
dalla volgarità della vita quotidiana.
302) CARLO FERRUCCI, La poesia di Leopardi tra primato dell’esistenza ed
esperienza del nulla, pp. 134-44.
Il primato dell'esistenza concreta dell'uomo rispetto alle sue cognizioni riconduce, secondo il
Leopardi, alla coscienza del nulla come origine dell'esistente, e pone l'uomo nelle condizioni di
appropriarsi del proprio essere solo confrontandosi col non-essere, Questo porta la ragione nella
necessità di "elasticizzarsi" tra il principio di identità e l'evidenza
della contraddittorietà dell'essere, applicando una visione "una e bina" ai temi
affrontati. Ponendo la dinamica tra essere e nulla in una prospettiva più ampia di quella
esclusivamente razionale, Leopardi anticipa le riflessioni novecentesche di Heidegger; ma
soprattutto pone le basi di quella positivizzazione del negativo che ha la sua realizzazione
effettiva proprio nella poesia del Recanatese.
303) ELENA LANDONI, Ragione e immaginazione in Leopardi: la poesia come
sintesi, pp. 145-168.
Nei Canti e nelle Operette morali l'attività poetica si pone come approccio
totale alla realtà, relativizzando le chances del puro raziocinio sia nell'esito
gnoseologico che in quello pratico. La parola viene investita pertanto di un'attitudine costruttiva
e riflessiva fortemente responsabile, tra l'altro, dell'opzione atea e materialistica del Recanatese.
Anche l'immaginazione risulta ultimamente inadeguata alla domanda umana di felicità, ma le
si accosta quanto più possibile simulando quella globalità di approccio che è
preclusa alla ragione, e pervenendo ad una coerenza anche logica più rigorosa di quella
attuata dalla filosofia.
304) POMPEO GIANNANTONIO, Filosofia e poesia in Francesco De Sanctis, pp.
169-181.
L'A. descrive le tappe dell'adesione del De Sanctis al mondo filosofico, sino al raggiungimento del
concetto di arte come incarnazione ed espressione dell'idea nella forma, secondo l'insegnamento
hegeliano. Ma di quest'ultimo il De Sanctis respinge l'asserzione della morte dell'arte
nell'età moderna, obiettando che morto risulta caso mai il modello del bello apollineo,
sostituito da una poesia meditativa e sentimentale. Tanto che l'arte è ora più che mai
manifestazione della collettività e proiezione della cultura di un popolo, dove filosofia,
religione e morale forniscono materiale da rielaborare artisticamente, dando vita a una nuova forma
di poesia più "filosofica".
305) GIUSEPPE FARINELLI, Positivismo e poetica di Vittorio Betteloni, pp.
182- 215.
L'A. passa in rassegna le più autorevoli valutazioni critiche relative a Betteloni, non
senza qualche rettifica atta a meglio individuare la più plausibile collocazione dello
scrittore. Risulta così discutibile la sua appartenenza alla Scapigliatura, ma ineludibile
l'affiancamento al verismo, testimoniato da un prosaicismo mai però eversivo, addomesticato
com'è da una tradizione di studi classici. Per lo stesso motivo è da sostenere con
prudenza un'eventuale attribuzione al crepuscolarismo o al decadentismo, distanti da un accento
poetico ironicamente quotidiano e da uno stile di vita proficuamente appartato, come quelli del
Nostro.
NOTE:
306) NICOLETTA BORTOLOTTI, Libri di poesia, pp. 216-218.
RECENSIONI:
307) AA. VV., Veronica Gambara e la poesia del suo tempo nell’Italia settentrionale, Atti del Convegno (Brescia-Correggio, 17-19 ottobre 1985), a cura di C. BOZZETTI, PIETRO GIBELLINI, E. SANDAL, Olschki, Firenze 1989 (G. Mazzucchelli), pp. 218-219.
308) MARCELLA DIBERTI LEIGH, Veronica Franco. Donna, poetessa e cortigiana del Rinascimento, Priuli & Verlucca, Ivrea 1988 (G. Mazzucchelli), pp. 219-220.