VII, 12 (luglio-dicembre 1986) - Il testo nel teatro italiano contemporaneo
ARTICOLI:
154) ENZO NOÈ GIRARDI, Introduzione al Convegno: letteratura e teatro da Manzoni a
Pirandello, pp. 3-16.
Stabilita l'appartenenza del teatro all'operazione dell'anima umana che ha per
oggetto il bello, da ottenersi attraverso la trasformazione di una materia che è il testo
teatrale, si individuano tre momenti nella storia del teatro italiano contemporaneo: nel primo
è la letteratura a promuovere e caratterizzare la produzione di testi teatrali (primo
romanticismo; Manzoni); nel secondo è all'opposto il teatro, l'esigenza eminentemente
sociale dello spettacolo teatrale a stimolare una produzione di testi drammaturgici adeguata ai
propri fini (tardo romanticismo; Giacometti); nel terzo vi è convergenza e scambio dei
caratteri e della reciproca influenza, nel segno del superamento del verismo e del sociologismo e
di una ricerca metafisica (Pirandello).
155) EMO MARCONI, Il testo teatrale e la sua rappresentazione, pp. 17-44.
Vengono qui studiati quei molteplici e complessi rapporti che coinvolgono, da una parte la
creatività poetica del drammaturgo quale si realizza nel testo teatrale e, dall’altra, i
linguaggi che la rendono esaltante momento della comunicazione e della comunione durante la sua
messa in scena.
156) NICOLETTA DE VECCHI PELLATI, La figlia di Iorio, tragedia pastorale di
Gabriele D’Annunzio, pp. 45-56.
La Figlia di Iorio rivela nella testura segnali che orientano al rilievo di una costellazione
simbolica che veicola i significati metaletterari della pièce. Il dramma mette a tema
un conflitto tra due universi socio-culturali: quello ctonio e terrigeno degli agricoltori e quello
pastorale libero dalle coartazioni e dai vincoli di una ritualità divenuta inerte e
orientato verso l’acquisizione di una più autentica coscienza etica e religiosa. L’Abruzzo
viene proposto come esemplare metaforico della società borghese che conosce la degenerazione
e lo stravolgimento di archetipi socio-culturali.
157) GIOVANNA BARLUSCONI, Per una interpretazione di Ciascuno a suo modo,
pp. 57-67.
Il saggio mette in luce, attraverso uno smontaggio dei meccanismi che presiedono al funzionamento
testuale di Ciascuno a suo modo, forse la più complessa delle pièces
metateatrali di Pirandello, alcuni procedimenti tipici della produzione drammaturgica dell’autore,
primo fra tutti la "logica del riflesso", che, in questo caso, si avvale anche della
tecnica della "mise en abyme" per generare una conflittualità insolubile fra
gli elementi strutturali della rappresentazione scenica, determinandone l’impossibilità. Il
critico mostra infatti come si pervenga a quella condizione di irrappresentabilità cui anche
questo dramma, come gli altri che compongono la trilogia metateatrale, è destinato, in quanto
rappresentazione della impossibilità della rappresentazione. Da qui anche l’altro esito cui
il dramma dà luogo: lo svelamento ironico del funzionamento della immaginazione quotidiana.
158) MIMMA FORLANI, Futurismo, grottesco, varietà, pp.
68-91.
La critica ufficiale novecentesca ha svalutato, per ragioni ideologiche, l’apporto del movimento
futurista all’evoluzione del teatro moderno in Italia. L’A. riconosce la necessità di
rivendicare al teatro del Futurismo la funzione storica di avanguardia di esperienze anche a
livello europeo: dallo "straniamento" brechtiano all’agit prop, all’happening,
al teatro del grottesco e dell’assurdo.
159) OLGA-MARIA BROUWER, Il teatro di Bontempelli: Siepe a nord-ovest,
pp. 92-98.
Per un approccio di tipo formalistico come quello adottato dal saggio, il gioco costituisce
l’elemento catalizzatore grazie al quale è possibile entrare nel meccanismo che mette in moto
la macchina testuale di Bontempelli e, in particolare, quell’esperimento di "teatro
simultaneo", costituito dalla "farsa in prosa e musica" Siepe a nordovest. La
novità perseguita dall’autore attraverso l’articolazione plurima dello spazio scenico, dove
si muovono contemporaneamente: burattini, attori e marionette, consiste nella possibilità di
attivare simultaneamente più funzioni testuali, da quella meta-testuale, affidata ai
burattini, a quella di relazione oppositiva fra positività intemporale della fiaba e
negatività della conversazione quotidiana, attuata da marionette e attori, a quella
atmosferica, veicolata dalla musica.
160) PIER LUIGI CERISOLA, Il teatro dell’assurdo: Dino Buzzati, pp.
99-112.
Anche se il teatro dell’assurdo non può vantare in Italia autori di fama paragonabile ai vari
Genet, Adamov, Beckett, Ionesco e Pinter, merita forse di essere esplorato con maggiore attenzione.
Martin Essler, il maggior studioso di questo filone drammaturgico contemporaneo, tratta con
riguardo particolare il nostro Dino Buzzati. Qui si ricercano le ragioni di tale apprezzamento
nell’analisi della sua pièce più famosa: Un caso clinico.
161) FEDERICO DOGLIO, Il teatro spiritualista (Quattro spunti per uno
studio), pp. 113-131.
Dopo aver individuato il mutamento subito dal ruolo e dalla funzione culturale del teatro drammatico,
in un clima generale di sopravvento dell'immagine sulla parola, l'A. delinea una storia del testo
drammaturgico sino ai segnali post-conciliari di una vitalità dell'ispirazione
spiritualistica. Che però non riesce ad imporsi: segno inequivocabile di una crisi di valori
e di linguaggio entro cui "dobbiamo tentare di vivere umanamente".
162) FABIO ANTOLINI, Drammaturgia di Mario Apollonio, pp.
132-143.
La costante ricerca di senso è la specificità della storiografia di Apollonio, che
individua nell'espressione teatrale la tendenza all'unità dei partecipanti. Per questo
rifiuta un teatro identificato di volta in volta in uno solo dei suoi soggetti: autore, regista,
attori, ecc.; in favore di una concezione di esso come luogo in cui il gruppo si riconosce e si
interroga sul proprio destino. Per Apollonio il teatro è possibilità di aggregazione
intorno a una proposta, che ha la sua cifra nella coralità.
163) ANNAMARIA CASCETTA, La tragedia rivisitata nella scrittura scenica di
Giovanni Testori e di Carmelo Bene, pp. 144-172.
Confrontandosi con la grande lezione manzoniana, Testori recupera ed enfatizza il "tragico" presente
nei Promessi Sposi, proponendo tuttavia nel contempo (con i Promessi Sposi alla prova
), dal punto di vista formale, accanto al ripristino della tragedia un superamento di essa
nell'oratorio corale. La rappresentazione dell'Adelchi proposta da Carmelo Bene tende invece
ad identificare il tragico con il dionisiaco, puntando a una demolizione della forma della tragedia
e a far emergere il flusso lirico musicale della phoné.
164) EDY LANZA, Autori minori del Novecento, pp. 173-234.
L'A. presenta un analitico e puntuale excursus di autori, minori e no, del Novecento, offrendone
tipologizzazioni e caratteristiche. Il teatro romantico-verista appare così imperniato
intorno al tema dell'amore, affiancato a quello del fato, al Sud, e a quello del denaro, al Nord;
l'emulazione di D'Annunzio produce un teatro provvisorio, presto offuscato dalla più seria
dialettica fra "maschera" e "volto" regalataci dalla lettura bettiana di Pirandello; la scuola
intimista attinge all'allusività come strumento favorevole all'esito drammatico della vicenda.
Nel dopoguerra, l'indagine drammaturgica si trasferisce dal piano individuale a quello sociale, reso
fertile dal nuovo assetto politico; e negli ultimi decenni si registrano voci importanti che
smentiscono, almeno qualitativamente, la conclamata crisi del testo teatrale.
165) ANGELO ROVETTA, Per una teoria della critica teatrale in situazione
mass-mediale, pp. 235-251.
Il predominio dei mass-media sposta l'attenzione dal testo alla messa in scena, rendendo quindi
inadeguata la vecchia critica teatrale, fondata sulla centralità del testo scritto. Si tratta
quindi di costruire una nuova critica, attenta a tutti gli aspetti della teatralità, il cui
compito sia soprattutto il riconoscimento della novità. Si propongono, infine, alcune
procedure e criteri da rispettare per attuare una critica operazionale della scena.
NOTE
166) MAURIZIO BERTOLI, Letteratura e teatro. Breve ricognizione su alcune recenti indagini comparative, pp. 252-261.
167) PAOLO DI SACCO, Pirandello e il teatro del Novecento, pp. 262-264.