IV, 4 (gennaio-giugno 1983)- Come leggere i poeti italiani degli ultimi cento anni

ARTICOLI:

41) ENZO NOÈ GIRARDI, La poesia italiana dal Carducci ad oggi, pp. 4-15.
Nell’ambito della poesia italiana dall’Ottocento ai nostri giorni, l’A. individua due sistemi di scrittura: nel primo, che denomina "eteronomo", tipico della cultura romantico-illuministica del Leopardi e del Manzoni, è ancora la logica a supportare gli elementi costitutivi della bellezza, come connotazioni di un messaggio socialmente utile; nel secondo, invece, che chiama "sistema autonomo", proprio dei poeti del Novecento, quali: Ungaretti, Montale, ecc., è il fantasma stesso a strutturarsi secondo una propria sintassi. Fra i due estremi, poi, viene ipotizzata una sorta di "modernità intermedia", che si può far coincidere con il secondo Ottocento (Carducci, Pascoli, D’Annunzio), caratterizzata da un travaglio di tensione, nel quale si manifestano le incertezze di un sistema misto. Ne è una riprova il sonetto carducciano: In riva al mare.

42) PIER LUIGI CERISOLA, Giovanni Pascoli, pp. 16-31.
L’A., anziché sottoporre la poesia pascoliana ad una rilettura rapsodica, scegliendo qua e là esemplificazioni sparse, ha preferito concentrare la propria analisi su una sola lirica, La mia sera, che, a suo giudizio, contiene emblematicamente un po’ tutti i pregi ed i difetti dei primi Canzonieri di Myricae, Poemetti e Canti di Castelvecchio. Il metodo seguito nell’indagine critica è quello semiotico-strutturalistico, utilizzato, tuttavia, senza ingombranti tecnicismi e, soprattutto, sempre in funzione estetica.

43) GIOVANNA BARLUSCONI, Gabriele D’Annunzio, pp. 32-55.
Nell’affrontare l’analisi di Meriggio, momento focale della ideazione alcyonia dannunziana, il saggio pone in essere una metodologia critica, che, collocandosi all’intersezione fra semiotica ed ermeneutica, consente una vera e propria "esecuzione" del testo poetico. Quest’ultimo si rivela allora, non solo come un sistema complesso multiplanare, costituito di molti livelli (ritmico, metrico, fonologico, lessicale, sintatttico, semantico, strofico, ecc.,) in interazione reciproca, secondo l’indicazione di Lotman, ma anche come un modello di scrittura di tipo iconico e pluriisotopico, che si edifica su scritture preesistenti, sia interpolate nella superficie del testo stesso sia ad essa sottostanti, ma restituibili in filigrana, facendole assurgere a generatori di senso.

44) GIORGIO BARONI, Umberto Saba, pp. 56-72.
L'analisi di alcuni emblematici testi sabiani (Amai, Distacco, Sesta fuga) consente di rintracciare alcune caratteristiche fondamentali del poeta: il rapporto con la sua città, la dialettica tra verginità del linguaggio e tradizione, tra aspirazione alla normalità e sofferta coscienza della cerebralità; infine, il suo inserimento in una linea di autonomia del fare poetico.

45) RENATA LOLLO, Clemente Rebora, pp. 73-88.
Per comprendere correttamente la parabola reboriana, occorre collocarne al centro la Parola (il Verbo), rivelazione dell’Essere e offerta di vita, come termine estremo di un moto ascensionale della sofferta poesia giovanile che si dirige verso di essa e in essa si consuma; e come punto di partenza del moto discendente che riconsegna dopo un travaglio drammatico una voce umana bruciante e autentica anche quando si fa udire attraverso mediazioni liturgiche che sembrerebbero spersonalizzarla.

46) INES SCARAMUCCI, Pier Paolo Pasolini, pp. 89-103.
L'A. esamina la produzione poetica di Pasolini da Poesie a Casarsa (1942) a Le ceneri di Gramsci (1957), situandola sotto il segno di una duplicità di tensioni e di una situazione conflittuale che trova la propria matrice nella situazione esistenziale del poeta, diviso tra identificazione con la madre e rifiuto della figura e dell'ascendenza paterna. I testi esaminati: Supplica alla madre (posta a confronto con La madre di Ungaretti e con Lettera alla madre di Quasimodo) e Le ceneri di Gramsci (confrontata con Presso l'urna di Percy Bysshe Shelley di Carducci) mettono in evidenza la strutturazione antitetica della poesia pasoliniana.

47) GIOVANNI STIPI, Luciano Erba, pp. 104-126.
Il saggio ricostruisce il dibattito storico-culturale all'interno del quale si situa la poesia di Erba Super flumina, di cui poi fornisce una accurata interpretazione. Ne emerge un messaggio religioso, che canta, con ironica e paradossale umiltà, le lodi dell'"ignoranza" (il male minore) contrapposta ad una "conoscenza" fonte di infelicità.

 

NOTE:

48) ENZO NOÈ GIRARDI, A proposito del concetto di "letteratura", pp. 127-129.

49) NICOLETTA DE VECCHI PELLATI, Rassegna di studi dannunziani, pp. 130-144.

50) SALVATORE ORLANDO, Replay, l’ultimo decennale di A. Parronchi, pp. 145-151.

51) OLGA-MARIA BROUWER, Il linguggio del moto, pp. 152-154.

 

RECENSIONI:

52) EMILIO BIGI, Forme e significati nella Divina Commedia, Cappelli, Bologna 1981 (P. L. Cerisola), pp. 155-157.

53) GUIDO DI PINO, Pause e intercanti nella Divina Commedia, Adriatica, Bari, 1982 (P. L. Cerisola), pp. 157-159.